
07 Mar Europa, ora o mai più
Sono momenti difficili. Come esseri umani e come investitori. Negli ultimi due giorni abbiamo visto chiari segnali di market dislocation in Europa. L’Europa soffre per essere fisicamente vicino all’Ucraina. Questo comporta chiaramente maggiori ripercussioni economiche, oltre che timori di un possibile coinvolgimento diretto. L’attacco ad una centrale nucleare ucraina, seguito da uno scambio di minacce tra Nato e Russia, ha molto aumentato lo stress del mercato e ha portato ad un indiscriminato sell-off che, a sua volta, ha innescato vendite tecniche in un mercato azionario che, oggi, vede la prevalenza di gestori di capitali che seguono approcci quantitativi, quindi momentum. Ricordiamo che l’Europa era stata negli ultimi mesi un’area di riscoperta per investitori americani e asiatici. Inoltre, l’Europa è un mercato azionario più tradizionale di quello americano, maggiormente esposto a società sensibili alla crescita dell’economia, crescita che viene ora messa in dubbio.
Come più volte detto, riteniamo che l’Europa sia una delle aree dove risiedono le migliori opportunità di investimento, non solo nel breve, ma anche e soprattutto nel lungo termine.

Guerra a parte, nel breve l’Europa si trova economicamente in una condizione migliore degli USA. Negli USA, infatti, la fiducia dei consumatori sta fortemente risentendo di mercato deboli, tassi in salita e commodities sotto pressione. In Europa il consumatore è meno sensibile ai mercati azionari, al prezzo della benzina e ai tassi, che comunque qui rimangono bassi. L’Europa sta oggi uscendo dalla pandemia sull’onda di politiche fiscali espansive, con alti risparmi privati e voglia di uscire, viaggiare e spendere. I fondi per la transizione energetica, la digitalizzazione e le infrastrutture (NEXTGeneration EU) iniziano a essere rilasciati. Gli utili societari stanno crescono e il sistema finanziario è molto solido.
Nel lungo, abbiamo già parlato come in Europa emergano trend potenti che possono tagliare lacci e lacciuoli che hanno tenuto l’area sotto pressione. Parliamo di politiche fiscali che mirano finalmente ad unire l’area e politiche industriali che porteranno al ritorno della manifattura, dell’agricoltura e della gestione della difesa all’interno dei nostri confini, e, con loro, Investimenti e piena occupazione. Di dinamiche salariali finalmente positive che creeranno domanda per beni e servizi di base, oltre che a una rivalutazione di asset dimenticati come l’alloggio, il capannone o il terreno in periferia. Allargare il beneficio della crescita a tutte le classi sociali porta enormi vantaggi economici, finanziari e politici, allontanandoci dai pericolosissimi nazionalismi, che possono condurre ad autocrazie e conflitti.
Rischi di conflitto nucleare? Abbiamo imparato a non scartare alcuna ipotesi ma, epicureanamente, riteniamo che in caso di guerra nucleare l’allocazione geografica non faccia molta differenza. Detto questo, riteniamo chiaramente l’ipotesi estremamente remota.
Paura di recessione? Come detto i fondi NEXTGeneration EU vengono ora rilasciati e il rilascio verrà probabilmente accelerato (appena pagati 7 bln euro alla Francia e a settimane è previsto il rilascio di 21 bln euro all’Italia). Il rientro fiscale, dopo l’enorme espansione fiscale pandemica, previsto per quest’anno verrà, se necessario, ritardato. Così il roll off del QE. Questo, insieme alle riaperture post-Covid, si unirà ai trend potenti europei di cui sopra. Una volta che la fase acuta del conflitto volge alla fine e la percezione del rischio di un suo allargamento si riduce, l’Europa tornerà al suo tran tran, in questi giorni quanto meno rallentato dalle tensioni in atto. Crediamo che la fase acuta non durerà ancora molto.
Infine, le valutazioni del mercato europeo prima del conflitto ben riflettevano la situazione di degrado sociale e politico che decenni di stagnazione avevano creato, offrendo potenziali di rerating sostanziali. Oggi questi potenziali sono parecchio aumentati, cortesia di panico e flussi legati ad un evento esogeno quale la guerra.
Crediamo che il poderoso bull market americano sia giunto al termine. Il periodo in fronte a noi è stato da alcuni, come Michael Hartnett, Chief Global Strategist di BoA, comparato con l’entrata negli anni ’70, periodo che con la situazione attuale condivideva tensioni geo-politiche, crisi petrolifera, ripresa dell’inflazione e valutazioni molto distanti tra value e growth. Il mercato nei successivi dieci anni si mosse lateralmente, ma le small caps e il value fecero estremamente bene. Il growth, che partiva da valutazioni piene e che normalmente soffre della riduzione di liquidità legata al rialzo dei tassi e rientro dell’euforia, fece molto male.
Sebbene soffriamo molto della volatilità di questi giorni siamo soddisfatti con il nostro sovrappeso di azioni value europee e crediamo che questa fase rappresenti un’occasione importante per chi volesse qui aumentare l’esposizione, nell’ambito della propria asset allocation.
Europa, ora o mai più.
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